La colite ulcerosa (CU) è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino che colpisce principalmente il colon e il retto. Si manifesta con episodi ricorrenti di dolore addominale con presenza di sangue e muco nelle feci, alternati a periodi di remissione. Questa condizione, che affligge migliaia di persone in tutto il mondo, ha un impatto significativo sulla qualità della vita e impone un continuo adattamento del trattamento e dello stile di vita.
Le terapie tradizionali per la colite ulcerosa, come l’uso di aminosalicilati, corticosteroidi e immunomodulatori, possono alleviare i sintomi, ma non sono esenti da effetti collaterali significativi. Gli aminosalicilati, pur essendo efficaci, possono causare disturbi gastrointestinali, cefalea e, in alcuni casi, reazioni avverse che necessitano la sospensione del trattamento. I corticosteroidi, sebbene potenti anti-infiammatori, comportano rischi a lungo termine come osteoporosi, aumento di peso, iperglicemia e soppressione della funzione surrenalica. Gli immunomodulatori, come l’azatioprina, aumentano il rischio di infezioni opportunistiche e possono causare mielosoppressione.
Il protocollo Coimbra, sviluppato dal neurologo brasiliano Dr. Cicero Galli Coimbra, rappresenta un approccio terapeutico innovativo che utilizza dosi elevate di vitamina D per modulare il sistema immunitario, in particolare nel trattamento di malattie autoimmuni come la colite ulcerosa (CU).
La vitamina D è universalmente riconosciuta per il suo ruolo cruciale nella regolazione del sistema immunitario. In condizioni normali, essa contribuisce a mantenere l’equilibrio tra citochine pro-infiammatorie e anti-infiammatorie, proteggendo così l’organismo da risposte immunitarie eccessive che possono danneggiare i tessuti. Nei pazienti affetti da malattie autoimmuni come la CU, tuttavia, questo equilibrio è compromesso: il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti del corpo, come il rivestimento intestinale, provocando infiammazione e danni permanenti.
Il protocollo Coimbra agisce su questo meccanismo, sfruttando le proprietà immunomodulatrici della vitamina D per ristabilire l’equilibrio immunitario. L’assunzione di dosi elevate di vitamina D, monitorata attentamente per evitare effetti collaterali come l’ipercalcemia, permette di superare la “resistenza” alla vitamina D, una condizione in cui i recettori della vitamina D non rispondono adeguatamente ai livelli normali di questa sostanza. Questa resistenza, spesso presente nei pazienti con malattie autoimmuni, può essere affrontata solo con dosi molto alte di vitamina D, che permettono di riattivare i recettori e di ristabilire un controllo efficace dell’infiammazione.
L’efficacia del protocollo Coimbra si manifesta non solo nella riduzione dell’infiammazione e dei sintomi della CU, ma anche nella prevenzione della progressione della malattia.
Epidemiologia e fattori di rischio
La colite ulcerosa è più comune nei Paesi occidentali, con una prevalenza in aumento negli ultimi decenni. Si stima che la CU colpisca circa 1-2 milioni di persone negli Stati Uniti e che la sua incidenza sia in crescita anche in altre parti del mondo, compresa l’Europa. La malattia può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più frequentemente diagnosticata tra i 15 e i 30 anni. Uomini e donne sono colpiti in egual misura.
I fattori di rischio attualmente riconosciuti per la colite ulcerosa includono una predisposizione genetica, con una maggiore incidenza della malattia tra i parenti di primo grado di persone affette. Un altro fattore di rischio è la dieta povera di fibre. Il ruolo dei fattori ambientali è, come in tutte le malattie autoimmunitarie, determinante. Questo si evince dal fatto che è più frequente nei paesi con uno stile di vita occidentale, indipendentemente dall’etnia.
Diagnosi della Colite Ulcerosa
La diagnosi di colite ulcerosa si basa su una combinazione di anamnesi, esami clinici, test di laboratorio e indagini strumentali. Data la sovrapposizione di alcuni sintomi con altre patologie gastrointestinali, come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e la malattia di Crohn, la diagnosi differenziale è essenziale per escludere altre cause di infiammazione intestinale.
L’anamnesi del paziente rappresenta il primo passo nella diagnosi, con particolare attenzione alla durata e alla gravità dei sintomi, all’anamnesi familiare di malattie infiammatorie intestinali e ai fattori di rischio associati, come il fumo e l’uso di FANS. I sintomi principali della CU includono diarrea persistente, spesso accompagnata da sangue o muco nelle feci, dolore addominale, urgenza defecatoria e perdita di peso. In alcuni casi, possono manifestarsi sintomi extraintestinali come artrite, lesioni cutanee e uveite.
Gli esami di laboratorio iniziali possono includere il dosaggio della proteina C-reattiva (CRP) e della velocità di eritrosedimentazione (VES), che sono marcatori non specifici di infiammazione. Inoltre, la presenza di anemia può essere rilevata attraverso un esame emocromocitometrico completo, indicando una perdita di sangue cronica o un malassorbimento intestinale.
Il ruolo del microbiota
Il microbiota intestinale, costituito da una vasta comunità di microrganismi, è essenziale per la salute dell’intestino e la modulazione del sistema immunitario. Un equilibrio sano del microbiota supporta la digestione, l’assorbimento dei nutrienti e la protezione contro i patogeni, contribuendo anche alla regolazione dell’infiammazione. Nella colite ulcerosa (CU), però, questo equilibrio è spesso alterato, determinando una condizione di disbiosi, in cui i batteri benefici diminuiscono a favore di quelli potenzialmente patogeni. Tale squilibrio peggiora l’infiammazione cronica tipica della malattia.
La CU è associata a una riduzione della diversità microbica, con un calo di batteri benefici come Bacteroidetes e Firmicutes e un aumento di gruppi batterici pro-infiammatori come Proteobacteria e Actinobacteria. Questo squilibrio facilita la penetrazione di batteri patogeni, come ceppi di Escherichia coli adesivi-invasivi (AIEC), attraverso la barriera intestinale, scatenando una risposta immunitaria anomala e intensificando l’infiammazione.
Accanto ai batteri patogeni, il microbiota ospita batteri benefici come Lactobacillus e Bifidobacterium, che producono acidi grassi a catena corta (SCFA), tra cui il butirrato, con importanti effetti antinfiammatori. Nei pazienti con CU, i livelli di SCFA, soprattutto di butirrato, sono spesso ridotti, aggravando la malattia. L’integrazione con probiotici e prebiotici, che favoriscono la crescita di batteri produttori di SCFA, è una strategia promettente per ripristinare l’equilibrio microbico e migliorare la salute intestinale, contribuendo alla remissione della malattia.
Il ruolo degli ormoni nella colite ulcerosa
Gli ormoni giocano un ruolo importante nella regolazione di numerose funzioni fisiologiche, tra cui la modulazione della risposta infiammatoria. Nella colite ulcerosa (CU), si è osservato che gli squilibri ormonali possono influenzare significativamente l’evoluzione della malattia, con particolare riferimento agli ormoni sessuali come estrogeni e progesterone, e agli ormoni surrenali come cortisolo e deidroepiandrosterone (DHEA) e il Colecalciferolo (Vitamina D) .
Estrogeni e Progesterone
Gli estrogeni sono noti per i loro effetti complessi sul sistema immunitario, potendo sia attenuare che promuovere l’infiammazione a seconda del contesto. Durante la gravidanza, i livelli di estrogeni e progesterone aumentano notevolmente, e questo cambiamento ormonale può avere effetti variabili sulle pazienti con CU. Alcune donne sperimentano un miglioramento dei sintomi, attribuibile alle proprietà immunosoppressive del progesterone, mentre altre possono vedere un peggioramento della malattia. Questo suggerisce che gli ormoni sessuali possano modulare la colite ulcerosa in modo diverso a seconda delle condizioni specifiche di ciascuna paziente.
Cortisolo e Stress
Il cortisolo, noto come l’ormone dello stress, ha un potente effetto anti-infiammatorio nel breve termine. Tuttavia, lo stress cronico, che mantiene elevati i livelli di cortisolo nel tempo, può esacerbare la CU, contribuendo a una risposta infiammatoria prolungata e danneggiando la barriera intestinale. Questo meccanismo potrebbe spiegare perché molti pazienti con CU riferiscono un peggioramento dei sintomi in periodi di forte stress.
Deidroepiandrosterone (DHEA)
Il DHEA, un ormone surrenale con spiccate proprietà immunomodulanti, è spesso trovato a livelli ridotti nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche come la CU. Questo ormone è noto per inibire la produzione di citochine pro-infiammatorie e supportare l’attività delle cellule T regolatorie, essenziali per mantenere l’equilibrio del sistema immunitario. L’integrazione di DHEA è stata studiata come possibile terapia per la colite ulcerosa, con risultati promettenti che, tuttavia, necessitano di ulteriori conferme attraverso studi più approfonditi.
Testosterone
Il testosterone, l’ormone sessuale predominante negli uomini, ha anch’esso effetti immunosoppressori che potrebbero influenzare l’andamento della colite ulcerosa. Gli uomini affetti da CU tendono ad avere livelli di testosterone più bassi, un fattore che potrebbe contribuire all’aggravamento della malattia. Studi condotti su modelli animali hanno mostrato che il testosterone può ridurre l’infiammazione intestinale, ma i dati disponibili sugli esseri umani sono ancora limitati, indicando la necessità di ulteriori ricerche per comprendere appieno il ruolo di questo ormone nella CU.
Vitamina D
La vitamina D assume un ruolo di particolare rilevanza nei pazienti con CU, grazie ai suoi noti effetti immunomodulatori. I pazienti con bassi livelli di vitamina D tendono a manifestare una forma più grave della malattia e un rischio aumentato di recidive. L’integrazione di vitamina D può contribuire a mantenere la remissione e ridurre l’infiammazione, offrendo un supporto essenziale nella gestione della patologia.
Trattamenti convenzionali
Il trattamento della colite ulcerosa si focalizza sulla riduzione dell’infiammazione, il mantenimento della remissione e il miglioramento della qualità di vita dei pazienti. I farmaci più comunemente utilizzati includono aminosalicilati, corticosteroidi, immunomodulatori e, più recentemente, terapie biologiche.
Gli aminosalicilati, come la mesalazina, sono spesso utilizzati come terapia di prima linea per mantenere la remissione, mentre i corticosteroidi, come il prednisone, sono impiegati per gestire le riacutizzazioni acute grazie alla loro potente azione antinfiammatoria. Tuttavia, l’uso prolungato di corticosteroidi è limitato dagli effetti collaterali significativi, tra cui l’osteoporosi e l’immunosoppressione.
Gli immunosoppressori, come l’azatioprina, sono indicati nei pazienti che non rispondono agli aminosalicilati o ai corticosteroidi. Questi farmaci agiscono sopprimendo la risposta immunitaria, ma richiedono un monitoraggio attento a causa del rischio di effetti collaterali, come pancreatite e mielosoppressione.
Le terapie “biologiche”, come gli inibitori del TNF-alfa (ad esempio infliximab e adalimumab), vengono considerati l’opzione per i pazienti con malattia moderata o grave che non rispondono alle terapie convenzionali. Questi farmaci devono il nome di “biologico” al fatto che i loro principi attivi vengono estratti da un sistema biologico (cellule in coltura) attraverso processi biotecnolgici; sono farmaci ad azione immunosoppressiva, anche se più mirata, e sono associati a un costo elevato e a un alto rischio di infezioni gravi.
Cancro al colon e altre malattie
I pazienti con colite ulcerosa hanno un rischio aumentato di sviluppare cancro al colon, soprattutto se la malattia è estesa e di lunga durata. L’infiammazione cronica della mucosa intestinale può portare a displasia e trasformazione neoplastica delle cellule, aumentando il rischio di cancro. Per questo motivo, i pazienti con CU a lungo termine dovrebbero sottoporsi a screening regolari con colonscopia per rilevare precocemente eventuali lesioni precancerose.
Oltre al cancro al colon, la CU è associata a un aumento del rischio di altre malattie, come l’osteoporosi, i calcoli renali e le malattie epatiche. L’osteoporosi è particolarmente comune nei pazienti che assumono corticosteroidi a lungo termine, poiché questi farmaci possono interferire con il metabolismo osseo e ridurre la densità minerale ossea. I calcoli renali possono formarsi a causa della disidratazione e dell’eccesso di calcio nelle urine, mentre le malattie epatiche, come la colangite sclerosante primitiva, possono svilupparsi in concomitanza con la CU.
Conclusione
La colite ulcerosa (CU) rappresenta una sfida medica complessa, con impatti significativi sulla qualità della vita dei pazienti. Pur presenti, le terapie convenzionali non sono prive di effetti collaterali che ne limitano l’uso prolungato. Il crescente interesse per il ruolo del microbiota, degli ormoni e dei fattori di rischio nella CU ha aperto la strada a nuove strategie terapeutiche. In questo contesto, il protocollo Coimbra, che utilizza alte dosi di vitamina D per modulare il sistema immunitario, rappresenta un’opzione innovativa che offre speranze concrete ai pazienti.